Questa sera sono rimasto solo, in intimità con la mia Kurz, ne ho studiato una piccolissima parte e vorrei ribadire un concetto che ho sperimentato sulla mia pelle. Spesso si parla di ditte, spesso di 'paste sonore', altrettante volte di IFX, MFX, di cavoli e di tortelli. Tutto questo è giustissimo. Niente di errato. Soltanto credo che i limiti non siano delimitati dalle macchine ma dalla nostra conoscenza, e ne sono sempre più convinto. Ricordate il 'dirty sound' di Gattobus con il suo Moog (come non ricordarlo...)? Qualche oscillatore, un controller per variare frequenza di taglio e risonanza, delay e...e, paradossalmente, basta. Dopo questa fantastica fase di creazione, programmazione di un suono ATTRAVERSO (e ci tengo a sottolinearlo) il quale possiamo esprimere qualcosa (che sia retorica o meno non è questo il punto fondamentale...scrivere? Hanno già scritto tutto).
E' fondamentale conoscere i principi della sintesi, il modo in cui funziona un processore di segnale, come il suono di propaghi nello spazio e nel tempo (acustica); è uno studio davvero affascinante, un percorso di passione.
Poi DEVE venire il momento dell'espressione. Qualcuno potrebbe ribattere che non è detto che la programmazione sia necessariamente un mezzo ma possa essere benissimo anche un mezzo.
Certo, è solo questione di consapevolezza: un'operzione culturale.