Gli Organi Combo

Meglio conosciuti come organetti e spesso considerati i fratelli minori dell’hammond, questi piccoli capolavori di ingegneria si sono ritagliati un posto ben meritato nella storia della musica. La nascita risale intorno alla fine degli anni ‘50 e inizio anni ‘60. Il suono che producevano non si avvicinava nemmeno un po’ agli strumenti che dovevano imitare, tanto meno all’hammond (e dopo capiremo il perché), tuttavia proprio per la loro caratteristica hanno segnato la storia. Il re dei combo è naturalmente il Vox Continental, con il suo involucro arancione e le esili gambe di acciaio e la sua presenza al cospetto dei Doors e degli Animals (The house of the rising sun per intenderci) ne ha indubbiamente accresciuto il valore storico.
Naturalmente al secondo posto ci sono i Farfisa, il cui modello più famoso è il Compact Duo, usato da Wright e da Mike Oldfield.
La generazione è affidata a 12 oscillatori che si basavano sul portare ad instabilità un circuito a induttanza per ottenere un’onda quadra o a dente di sega che rappresenta l’armonica fondamentale. Le altre onde corrispondenti alle armoniche parallele vengono generate tramite divisione di frequenza, ad opera di circuiti a transistor o integrati. I primi occupavano molto spazio ed erano al germanio, quindi ad oggi sono rari e costosi, senza contare che risentono della temperatura e dell’umidità. Ma proprio per questo sono anche quelli che hanno la pasta sonora più riconoscibile. Con l’avvento degli integrati (gli introvabilissimi CEM) e la riduzione dei costi e degli spazi dei divisori ha permesso di produrre una gran quantità di combo che tuttavia non hanno quel mordente che caratterizza i modelli a transistor. Rimangono comunque ottime macchine Le tastiere avevano una delicata contattiera che consisteva in una guida che aveva un numero di fili corrispondenti alle armoniche che venivano chiusi alla pressione del tasto.
A valle della generazione si trova la sezione di filtraggio, che permetteva di ottenere timbriche più simil “flauto” o simil “oboe” a seconda dell’apertura del filtro e quindi alla nasalità che veniva conferita al suono. Inutile dire che agli strumenti reali non si avvicinavano nemmeno un po’. I filtraggi vengono attivati attraverso appositi tab (gli interruttoroni colorati sul pannello) e lo stesso vale per i piedaggi (eccetto nel vox che ha 5 drawbar, 16,8,4,2 e una mistura di armoniche dispari).
Spesso erano presenti anche il tremolo di tipo ottico e il riverbero a molle. Interessante sui farfisa il “Multitone Booster” che permetteva di rendere la timbrica più aspra e aggressiva accentuando gli alti.
I modelli più conosciuti sono il Vox Continental, I Farfisa, Compact, Compact Deluxe, Compact Duo e Professional, il Gibson G101, gli Eko.
Anche i cloni hammond analogici sono basati su questo funzionamento ma col filtraggio riescono ad arrivare alle onde triangolari, che amplificate con i leslie diventano aggressive e ottime per il rock.
Naturalmente al secondo posto ci sono i Farfisa, il cui modello più famoso è il Compact Duo, usato da Wright e da Mike Oldfield.
La generazione è affidata a 12 oscillatori che si basavano sul portare ad instabilità un circuito a induttanza per ottenere un’onda quadra o a dente di sega che rappresenta l’armonica fondamentale. Le altre onde corrispondenti alle armoniche parallele vengono generate tramite divisione di frequenza, ad opera di circuiti a transistor o integrati. I primi occupavano molto spazio ed erano al germanio, quindi ad oggi sono rari e costosi, senza contare che risentono della temperatura e dell’umidità. Ma proprio per questo sono anche quelli che hanno la pasta sonora più riconoscibile. Con l’avvento degli integrati (gli introvabilissimi CEM) e la riduzione dei costi e degli spazi dei divisori ha permesso di produrre una gran quantità di combo che tuttavia non hanno quel mordente che caratterizza i modelli a transistor. Rimangono comunque ottime macchine Le tastiere avevano una delicata contattiera che consisteva in una guida che aveva un numero di fili corrispondenti alle armoniche che venivano chiusi alla pressione del tasto.
A valle della generazione si trova la sezione di filtraggio, che permetteva di ottenere timbriche più simil “flauto” o simil “oboe” a seconda dell’apertura del filtro e quindi alla nasalità che veniva conferita al suono. Inutile dire che agli strumenti reali non si avvicinavano nemmeno un po’. I filtraggi vengono attivati attraverso appositi tab (gli interruttoroni colorati sul pannello) e lo stesso vale per i piedaggi (eccetto nel vox che ha 5 drawbar, 16,8,4,2 e una mistura di armoniche dispari).
Spesso erano presenti anche il tremolo di tipo ottico e il riverbero a molle. Interessante sui farfisa il “Multitone Booster” che permetteva di rendere la timbrica più aspra e aggressiva accentuando gli alti.
I modelli più conosciuti sono il Vox Continental, I Farfisa, Compact, Compact Deluxe, Compact Duo e Professional, il Gibson G101, gli Eko.
Anche i cloni hammond analogici sono basati su questo funzionamento ma col filtraggio riescono ad arrivare alle onde triangolari, che amplificate con i leslie diventano aggressive e ottime per il rock.